Il cono di luce

Premessa: non è una teoria reale o che abbia qualsiasi valore se non nel voler descrivere geometricamente un’idea.

L’idea nasce dal chiedersi se sia possibile conciliare il lavoro di più persone in un progetto “visionario”, dove intendo con una forte connotazione di immagine “inspiegabile”, qualcosa che “si sente debba essere così”, senza riuscire a spiegare di preciso cosa sia, né tanto meno come arrivarci.

Supponiamo che tutte le persone siano sopra una sfera. La sfera non è la Terra, è solo una sfera.

Ora supponiamo che ognuno possa “vedere” sopra di sé, e la propria visione è una sorta di cono di luce.

Ora, una persona da sola può, in linea teorica, “arrampicarsi” su per il cono indefinitamente, o almeno fin quanto fisicamente riesce.

Salire in due è più facile, ma è possibile solo per arrivare a un livello di “visione” che è in comune ai due coni. Affinché succeda, le due persone devono essere in parte “allineate”.

Più sono “allineate”, più “lontano” potranno andare insieme rimanendo entrambi all’interno del proprio cono di luce.

E dopo?

Nel momento in cui l’allineamento si interrompe, ognuno avrà la sensazione di dover andare in una direzione diversa. Importante: non è che qualcuno abbia ragione e qualcuno torto, semplicemente stanno vedendo due cose diverse. E così qualcuno proverà a portare su dalla sua parte, qualcuno dall’altra, così che una situazione simmetrica renda impossibile di fatto andare avanti.

È però vero che in due è più facile salire. Si può immaginare il cono come una “strada” da percorrere, piena di impervie che possiamo superare solo con determinate competenze (o molto tempo), e quindi la presenza di un altro, se all’interno del cono, ci è utile.

I casi per cui si possa progredire molto sono due:

  1. Una coincidenza quasi perfetta tra i due coni: cosa improbabilissima, considerando che queste due persone non solo devono avere una visione similissima, ma devono anche incontrarsi nella vita. La probabilità è minima e viene da pensare che questo sia possibile, di fatto, solo con sé stessi o con una propria copia.
  2. Rompere la simmetria. Il “principale” continua nel suo cono, e si fa aiutare dagli altri ad andare avanti. Ma come possono aiutarlo se non vedono la strada?

La fiducia, ovvero aiutare alla cieca

Specializziamoci nel caso in cui due persone siano in parte allineate, quindi riescano inizialmente a lavorare insieme, ma dopo un po’ la loro intersezione li blocca. Ora, abbiamo detto che una soluzione simmetrica è impossibile (a meno di fare un salto nel vuoto per entrambi, abbandonando entrambi i coni di luce e sperando ce ne sia un terzo a metà via che nessuno dei due però riesce a vedere), quindi ragioniamo sulla soluzione asimmetrica.

Chiamiamo A e B le due persone. Supponiamo che si decida, per qualsiasi motivo, di seguire il cono di luce di A. Fino all’intersezione dei due coni, tutto a posto, anzi tutto procede con grande facilità, ma dopo l’intersezione solo A ha una vaga idea della strada (ricordiamo: A non la riesce a spiegare). Ora, però, se A continua da solo certamente troverà degli inghippi, che magari riesce a superare ma solo con tantissimo tempo e grandissima fatica. Quindi chiede aiuto a B. B non può vedere dove deve andare. Il modo per cui può aiutare A è fidandosi di lui. Nota: il rapporto asimmetrico della visione non implica a priori un rapporto asimmetrico nella relazione o nel progetto.

Per proseguire lungo il cono di luce di A, entrambi devono fare uno sforzo. A deve far intuire a B cosa vorrebbe che succedesse (senza avere la capacità di spiegare cosa sia o come sia fatto l’obiettivo), e B deve fidarsi che A stia effettivamente vedendo qualcosa, e non solo, che quel qualcosa sia valido. B può capire la direzione interpretando i feedback di A riguardo a quello che egli (B) dice. A ha la sensazione di cosa sia giusto e cosa no, ma non può teorizzarlo né tanto meno farlo capire in modo definitivo e razionale.

Qualsiasi tentativo diverso non può che fallire. In particolare, sono tre gli errori più probabili:

  1. Errore di A: A vede il suo cono di luce e dà per scontato che anche gli altri debbano vederlo. Quindi non si cura di fermarsi a spiegare e a far sentire la propria visione e si isola. In questo modo, in realtà, rimane più in basso perché non riesce a superare gli ostacoli che potrebbe evitare con l’aiuto degli altri.
  2. Errore di B: non capisce (anche per colpa di A, eventualmente) che la visione di A si discosta dalla sua e non potrà mai capirla veramente, e pensa invece che solo lui sa cosa fare (quando in realtà sta solo “vedendo” un’altra cosa, che però non è quella che si è deciso di scegliere (supponendo a priori che sia stata scelta quella di A)).
  3. Errore di entrambi: non confrontarsi sull’esistenza della visione e andare a “casaccio”, ognuno tirando dalla sua parte e bloccandosi sull’intersezione. Si può dire un “errore di simmetria”.

Conclusione

Il dicorso si può ampliare enormemente. Si potrebbe per esempio immaginare che uno dei due rompa la simmetria “di forza”, cioè avanzando nonostante l’altro non lo capisca. Però, nel momento del confronto, la persona che ha sfondato deve spiegare all’altro dove sta andando, ma in quel momento le sue informazioni sono sulla strada “immediatamente prossima”, e non sulla cima del cono, che riesce a percepire ma non a spiegare. E quindi rischia di mostrare debole la propria strada, la cui forza si basa tutta invece sulla visione “lunga”.

Si potrebbe anche pensare che ci siano due strategie, quella “verticale” e quella “orizzontale”. Quella “verticale” punta a salire ma inevitabilmente “restringe” il campo di persone con cui è in sintonia (più si sale, più è stretto il cono), mentre quella “orizzontale” punta ad allargare la base ma senza riuscire mai a salire oltre un certo limite. Ogni strategia ha i suoi pro e i suoi contro, e comunque non siamo noi a sceglierla.

Forse ha senso o forse no.

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